Il Commercialista"Le riflessioni leopardiane dei giovani praticanti" “Questo è il mondo? Questi i diletti, l’amor, l’opre, gli eventi onde cotanto ragionammo insieme? Questa è la sorte delle umane genti” sono proprio questi, i versi di “A Silvia” che tornano alla mente

leggendo le risposte all’intervista condotta ai giovani praticanti dell’ODCEC di Tivoli.

 

Il tirocinante, entusiasta, pessimista e ottimista al tempo stesso, è colui che proprio ieri da studente universitario vedeva il futuro come quella  “siepe, che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude”. Il tirocinante approccia la professione in modo ottimista,  dopo aver seguito il percorso universitario necessario per acquisire quelle conoscenze teoriche fondamentali per comprendere il significato della professione.  Il periodo formativo,  rappresenta per le professioni una fase di estrema importanza, dovrebbe infatti essere il momento principe di acquisizione di un sapere altamente specialistico, ma anche il momento di socializzazione alle regole e agli strumenti della professione, che garantisce il rispetto e la tutela della collettività e dei singoli, futuri fruitori dei servizi professionali. Eppure la maggior parte degli intervistati ha una valutazione piuttosto negativa del sistema formativo italiano. Le università vengono criticate per un approccio eccessivamente teorico,disancorato dal mondo del lavoro e dalla pratica delle professioni. Anche a parere di chi scrive, il tirocinante, fuoriuscito dal percorso universitario, si trova a dover fare i conti  con una  professione di cui non si possiedono le conoscenze basilari, a causa di un sapere molto accademico che poco fa i conti con l’esperienza pratica; per questo è opportuno, anzi direi necessario,  rendere la laurea specialistica un momento di professionalizzazione dellostudente, facendo in modo che il biennio di indirizzo sia realmente propedeutico alla pratica della professione. Si auspica in questo senso un maggiore interscambio con il mondo del lavoro, con l’introduzione di esperienze pratiche di esercitazione e affiancamento. I nostri Praticanti pur riconoscendo il valore del sapere teorico, approcciano la professione con la consapevolezza che questo costituisca soltanto uno degli elementi necessari all’esercizio della professione ma non l’unico,  con la conseguente  valutazione complessiva del sistema formativo piuttosto sconsolante.

Uscito dall’università il giovane laureato ignaro del fatto che non abbandonerà mai “le sudate carte”,  diventa praticante, entra in uno studio professionale ed è lì che inizia il suo percorso di tirocinio, ovvero il primo momento in cui ci si confronta con la realtà della pratica professionale. Gli strumenti, i comportamenti, le relazioni proprie della professione si apprendono durante il tirocinio, che ha dunque il compito specifico di colmare quel gap che esiste tra sapere accademico e sapere professionale.

Il periodo di pratica viene dunque percepito come fondamentale ed imprescindibile per l’accesso alla professione, ma la maggior parte degli intervistati è ben consapevole dei rischi che vi si associano. Tali rischi, sono legati al tipo di rapporto che si instaura tra dominuse praticante. Come ribadito dal Presidente dell’ODCEC di Tivoli Dott. Gianluca Tartaro,  il ruolo del Tirocinante nello studio non è di carattere impiegatizio, ma un momento formativo in cui Dominus e Praticante dovranno collaborare a stretto contatto per permettere a quest’ultimo di apprendere tutto quanto necessario all’approccio alla professione, sia in relazione alle conoscenze sia ai rapporti con la clientela e le istituzioni. A tale proposito a parere di chi scrive, positiva e  la revisione introdotta dal decreto liberalizzazioni  che prevede un rimborso spese per il praticante, il giusto compenso per l’attività svolta all’interno dello studio, darebbe allo stesso una migliore percezione del suo livello di apprendimento e di crescita professionale. Oltre all’esperienza concreta nello studio professionale, il tirocinante considera di fondamentale importanza la rete che viene vista come strumento indispensabile sia per l’apprendimento che per l’aggiornamento. Delle proporzioni indefinite, i giovani però sono consapevoli  delle sue  insidie ed è per questo che la considerano come strumento complementare a quello dei testi didattici e codicistici.

Il momento conclusivo dell’Iter di accesso alla professione è il temuto esame di stato.L’assoluta importanza dell’esame, esso viene visto dal tirocinante  come momento che chiude un percorso e sancisce definitivamente il possesso dei requisiti per l’esercizio della professione. I nostri praticanti quindi considerano il praticantato uno strumento di fondamentale importanza per acquisire le necessarie competenze che gli permetteranno una volta abilitati di svolgere autonomamente la professione. In altri termini, l’esame di stato evidenzia una sintesi sui risultati ottenuti, esso infatti pur essendo complesso appare agli occhi dei nostri giovani  abbastanza meritocratico. E il mondo del lavoro? Perfetto sconosciuto ai giovani studenti? Come considerano il mondo del lavoro i nostri ragazzi? . Forte è il pessimismo! nonostante l’alto livello di scolarizzazione, i nostri intervistati  affrontano il mondo del lavoro con la consapevolezza che “l’ascensore sociale” è fuori uso, e purtroppo non bastano le scale di emergenza! Lavoro precario, mancata adeguatezza salariale sono le variabili secondo cui si muovono i giovani neolaureati. Da qui merita menzione il termine “liberalizzazione” che ha visto scontrarsi posizioni favorevoli e contrarie. E’ interessante e personalmente anche gratificante,  rivelare come tra gli intervistati coinvolti venga difeso con veemenza il ruolo degli Ordini Professionali, sottolineandone l’importanza per la tutela della collettività e del cliente, e della loro formazione.

Concludendo dall’intervista emerge che dell’incertezza dei tempi che corrono, i giovani rispondono in modo tutt’altro che  remissivo, e agiscono pensando all’oggi senza illusioni ma con ottimismo forse, loro malgrado, apprendono dai percorsi di vita che ilfuturo è una dimensione che si costruisce oggi, ma solo in parte. Perché non è certo che dai giorni presenti maturerà un avvenire più solido esicuro.  Mi torna di nuovo alla mente la poesia del Leopardi , “o natura o natura, perché non rendi poi quel che prometti allor? Perché di tanto inganni i figli tuoi?” che strano? Nonostante abbia qualche secolo ormai “Giacomo”  è  d’accordo con voi giovani professionisti. Il tempo sì è cambiato, ma ancora oggi come allora certe raccomandazioni, certi comportamenti assumono connotati di verità assoluta, secondo cui l’incertezza fisiologica della giovinezza si accompagna ad un impavido ottimismo. Allora coraggio ragazzi la professione vi aspetta!!!!

 

Pamela Profeta

Commissione giovani e Professione